Il tunnel

 

 

Faceva un freddo cane e io me ne stavo lì con le braccia conserte a rabbrividire al freddo di dicembre amplificato dalla scimmia, concentrando tutta la mia attenzione su una lacrima che faceva capolino dall’ angolo esterno dell’occhio destro . Si sarebbe congelata?Pensavo a quanto sarebbe stato, in tal caso, gratificante scollarla dalla pelle come un cerotto; una sensazione per qualche verso simile al piacere che si prova nettandosi gli occhi dalla cispa che nelle mattinate di astinenza aumentava esponenzialmente. C’è qualcosa di masochistico nella sofferenza da privazione di oppiacei.
-Molto più di qualcosa – bofonchiai da solo tremando.
La gazzella arrivò puntandomi i fari dritti negli occhi. Una voce mi chiese cosa facessi lì.
– Stavo pisciando- risposi guardando nei fari . Due sagome si staccarono dalla luce e si avvicinarono.
Uno aveva gli occhi chiarissimi, tra celeste e grigio, un’aria agitata e continuava a fissarmi, come se stesse per colpirmi da un momento all’altro, il suo compagno invece continuava a ridacchiare .
Mi chiesero i documenti e quando, dopo aver dato la carta d’identità al biondo, lessero il paese da cui venivo, mi arrivò il primo sganassone.
-Tu abiti a 40 km da qui e sei venuto a pisciare? Ci hai presi per dei coglioni? Un campagnolo come te a Castel Volturno ci viene solo per la scioppa da farsi in vena! Dove ce l’hai ?-
Seconda sberla.
Il biondo era contento, aveva svoltato la serata .
-Non ce l’ho, perquisitemi pure se volete, sono venuto qui a puttane-
-Ah, sì? Sei venuto a puttane?
Bene, adesso vediamo subito se sei venuto a puttane-
-Abbassa i pantaloni, dobbiamo perquisirti- disse l’altro, quello con la faccia bonaria da padre di famiglia che guarda i cartoni animati.
Obbedii, ma nessuno dei due mi perquisì né sembrava avesse intenzione di farlo, si limitavano a guardarmi.
-Bene. Ora toglili-
-Cosa?-
-I pantaloni. Toglili.-
Me li ritirai su e li riabbottonai.
-scordatevelo, se volete divertirvi a fare stronzate del genere le fate in caserma, non in mezzo alla strada-
Mi ritrovai con la faccia a terra e un ginocchio puntato in mezzo alle scapole mentre mi arrivava un’altra scarica di botte sulla nuca. Quei bastardi ci sapevano fare: infliggere più dolore possibile senza lasciar segni, lusso, quest’ultimo, che puoi permetterti solo in caserma verbalizzando la solita cazzata della “resistenza all’arresto” .
Mi ammanettarono e mi tirarono su .
Il biondo continuava ad urlare e tirarmi sberle mentre l’altro rideva. Una vera coppia di psicopatici.
-VOLEVI ANDARE IN CASERMA?E ADESSO TI CI PORTIAMO, IN CASERMA, TOSSICO DI MERDA, ADESSO TI CI PORTIAMO E CI DIVERTIAMO,COSÌ VEDI COM’È-.
Quando la porta della caserma si aprì capii che mi stavano aspettando.
C’erano una fila a destra e una a sinistra.
Il biondo ridendo urlò
-DÀI VEDIAMO SE RIESCE AD ATTRAVERSARE IL TUNNEL IN PIEDI, STO STRONZO-.
Quando riaprii gli occhi mi accorsi che stavo gattonando come un bambino.
Un bambino col sangue al naso.
Quando fui sicuro che avessero finito mi rialzai e chiesi se qualcuno avesse un fazzolettino di carta.
Mi rilasciarono due ore dopo, alle dieci di sera.
Lungo la strada incontrai i miei compari.
Mi caricarono in auto e mi dissero che avevano dovuto buttare tutto a un posto di blocco.
Erano strafatti.
-Siete degli stronzi-dissi, ma sapevo che era normale, è così che vanno le cose alla Corte di Madame eroina, io avrei fatto lo stesso.
Avevo ancora qualche soldo, così chiesi di fermarci al primo bar utile dove ingollai tre o quattro sambuche di seguito in un minuto.
Fuori le luci di Natale illuminavano le strade del litorale Domitio.

 

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